OSSERVATORIO TEORETICO
Il Dispositivo Critico: L'Arte che Svela se Stessa
L'installazione non si limita a denunciare teoricamente i meccanismi di mistificazione dell'arte contemporanea, ma li mette in scena, li performa, li materializza attraverso un dispositivo che funziona simultaneamente come opera d'arte e come strumento di demistificazione. L'operazione artistica parte dalla consapevolezza che l'installazione è esattamente ciò che critica: un assemblaggio apparentemente casuale di oggetti quotidiani che, inseriti nel contesto artistico, acquisiscono automaticamente lo statuto di "opera d'arte". Ma questa trasformazione viene immediatamente svelata e neutralizzata dal cartellino "fumo negli occhi", che funziona come un cortocircuito interpretativo. Il meccanismo che viene messo in atto è duplice e rivela una comprensione profonda delle dinamiche del campo artistico contemporaneo. Da una parte, l'installazione si presenta con tutti i codici formali dell'arte contemporanea, l’utilizzo di materiali poveri, l'apparente casualità della composizione, l'ambiguità semantica degli oggetti assemblati. Dall'altra, il cartellino esplicativo non fornisce le consuete chiavi di lettura intellettualizzanti, ma svela brutalmente la natura mistificatoria dell'operazione.
Il titolo "fumo negli occhi" assume qui una valenza letterale e programmatica: esso designa precisamente ciò che una vasta porzione dell'arte contemporanea rappresenta - una cortina di mistificazione che impedisce di vedere la vacuità del contenuto attraverso la complessità apparente della forma. Questo crea quello che si può definire un "effetto di straniamento critico". Lo spettatore si trova di fronte a un paradosso: l'opera gli dice esplicitamente di essere un inganno, ma continua a funzionare come opera d'arte. È impossibile guardarla con innocenza, perché essa stessa ha già decostruito i propri meccanismi di legittimazione. La presa in giro che viene messa in atto opera a diversi livelli della stratificazione sociale. Innanzitutto, prende in giro il pubblico che si lascia impressionare da assemblamenti privi di autentica necessità espressiva. Ma soprattutto, prende in giro il sistema dell'arte contemporanea che ha trasformato l'incomprensibilità in valore aggiunto. Il titolo "Arte Contemporanea" diventa così una formula vuota, una etichetta che può essere applicata a qualsiasi cosa, purché inserita nel contesto appropriato. Il cartellino "fumo negli occhi" funziona come uno specchio che riflette al sistema artistico la propria natura mistificatoria. Non ci si pone fuori dal meccanismo per criticarlo, ma lo si utilizza per autodistruggersi. L'operazione ha il merito di chiamare le cose con il loro nome: ciò che spesso viene spacciato per arte profonda e significativa è, letteralmente, "fumo negli occhi" - un inganno ottico e concettuale che fa apparire sostanzioso ciò che è vuoto, complesso ciò che è banale, profondo ciò che è superficiale.
La Fragilità dei Meccanismi di Legittimazione
Dal punto di vista sociologico, questa operazione rivela la fragilità dei meccanismi di legittimazione artistica. Basta un semplice cartellino per smascherare l'artificialità di un intero sistema di valori. Il "fumo negli occhi" diventa così metafora di una condizione più generale: quella di una società che ha imparato a scambiare la mistificazione per profondità, l'oscurità per complessità. L'ironia più sottile dell'operazione risiede nel fatto che l'installazione, proprio denunciando di essere un inganno, finisce per essere più onesta e quindi più autentica di molte opere che si presentano come profonde e significative. Il paradosso è che l'arte che dichiara la propria vacuità diventa paradossalmente più piena di senso di quella che millanta significati inesistenti. In questo senso, il dispositivo critico opera una vera e propria operazione di "diradamento del fumo": attraverso la dichiarazione esplicita della propria natura mistificatoria, l'opera restituisce trasparenza là dove il sistema artistico contemporaneo produce sistematicamente opacità. È un'operazione di igiene percettiva che permette di vedere attraverso le cortine fumose dell'arte contemporanea.
In definitiva, il "fumo negli occhi" non è solo una critica all'arte contemporanea, ma un dispositivo pedagogico che educa lo sguardo, che insegna a vedere attraverso le mistificazioni. È un'operazione di igiene mentale che restituisce al pubblico la capacità di giudizio critico, sottraendolo alla condizione di subalternità interpretativa in cui spesso viene relegato. La democrazia autentica richiede la democratizzazione dell'accesso all'esperienza estetica. Un'arte che si sottrae sistematicamente alla comprensione - che produce deliberatamente "fumo negli occhi" - non contribuisce all'emancipazione culturale, ma al suo contrario: al rafforzamento di dinamiche di esclusione che perpetuano l'ingiustizia sociale. Solo un'arte che recupera la propria funzione comunicativa può tornare ad essere strumento di trasformazione sociale piuttosto che di riproduzione dell'esistente. L'operazione indica una strada possibile: quella di un'arte che, invece di nascondersi dietro la complessità apparente, ha il coraggio di mostrarsi per quello che è. Un'arte che, paradossalmente, proprio attraverso la denuncia della propria artificialità, recupera una dimensione di autenticità che il sistema dell'arte contemporanea sembra aver smarrito.
Arte contemporanea. 1994-2025©. Legno, lana, porcellana, carta, candela. Cm 110x95x30.
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