OSSERVATORIO TEORETICO

 

Il Modello Espulsivo: Dalla Biologia Planetaria al Genio Creativo (20-07-2025)

E se ci liberassimo dall'illusione antropocentrica che ci fa credere di essere soggetti attivi nella grande commedia dell'esistenza biologica? La verità potrebbe essere più cruda e insieme più affascinante: siamo tutti, dalle sequoie californiane ai batteri intestinali, prodotti di una gigantesca operazione di scarico che il pianeta mette in atto quando le sue viscere si riempiono oltre il limite di sopportazione. Pensa a quel brufolo che ti spunta sul viso prima di un appuntamento importante - non è lui che decide di emergere per rovinarti la serata, ma la tua pelle che non riesce più a contenere l'accumulo di sebo, batteri e detriti cellulari che fermentano negli strati profondi dell'epidermide. Quando la tensione diventa insostenibile, l'organismo trova la via d'uscita più breve e spinge fuori quella massa infetta, creando il rigonfiamento che tanto detesti. Ora moltiplica questo meccanismo per l'intero pianeta: la Terra è un immenso organismo che accumula continuamente energia solare, decomposizione organica, reazioni chimiche, movimenti tettonici, e quando questi processi raggiungono soglie critiche di concentrazione, il sistema terrestre è costretto a liberarsene attraverso l'espulsione di forme viventi. L'albero che vedi crescere nel parco non sta "crescendo" nel senso romantico che diamo a questo verbo - sta venendo letteralmente sparato fuori dal suolo come un proiettile biologico carico di tutta l'energia geochimica che si è addensata nel sottosuolo. Le radici vengono forzatamente estroflesse dalla concentrazione di nutrienti minerali che cerca dispersione attraverso canali di drenaggio. Il tronco che si innalza verso il cielo non segue un nobile impulso eliotropico, ma obbedisce alle leggi fisiche della pressione idrostatica che spinge la linfa verso l'alto per alleggerire la tensione accumulatasi nei tessuti radicali. Le foglie che si aprono al sole non sono pannelli solari intelligenti, ma superficie di sfogo attraverso cui l'energia fotosintetica in eccesso può finalmente evaporare nell'atmosfera evitando l'implosione del sistema vegetale. Questa dinamica espulsiva governa ogni manifestazione biologica con una logica implacabile che non ammette eccezioni romantiche o teleologiche. Quando due gameti si fondono dando origine a un embrione, non assistiamo al miracolo della vita che sboccia, ma all'inevitabile conseguenza dell'accumulo di informazione genetica che ha raggiunto una densità elevatissima all'interno della cellula uovo e deve necessariamente essere scaricata attraverso la costruzione di un organismo complesso. Anche il comportamento umano, nelle sue manifestazioni più sofisticate, non è che una forma raffinata di scarico tensionale. Quando parli, scrivi, suoni uno strumento, fai l'amore, ridi o piangi, stai semplicemente liberando eccessi neurochimici che si sono accumulati nel tuo cervello e devono trovare canali di deflusso per evitare sovraccarichi sinaptici. L'evoluzione delle specie perde ogni alone di progresso finalizzato per rivelarsi come una successione di esplosioni genetiche determinate dall'instabilità crescente del materiale ereditario. Quando il DNA accumula mutazioni oltre la sua capacità di autocorrezione, l'unica via d'uscita è l'espulsione di varianti organismiche che funzionano come valvole di sicurezza per l'informazione genetica in eccesso. La selezione naturale non premia i più adatti, ma semplicemente permette la sopravvivenza delle configurazioni espulsive più efficienti nel drenare la pressione evolutiva. Le estinzioni di massa non rappresentano catastrofi casuali, ma momenti di riequilibrio sistemico in cui il pianeta scarica massivamente gli accumuli biologici diventati insostenibili per l'economia energetica globale. Non siamo attori protagonisti del dramma evolutivo, ma sintomi di squilibri planetari che cercano compensazione attraverso la nostra esistenza temporanea. La biodiversità non è ricchezza in sé, ma indice di instabilità ambientale: più un ecosistema è ricco di specie, più evidenzia la necessità del sistema di moltiplicare i canali di scarico per gestire accumuli energetici oltre i limiti di tolleranza.

Ma è nel fenomeno del genio creativo che questa logica espulsiva rivela la sua manifestazione più straordinaria e paradossale. Il genio rappresenta l'estrema conseguenza di quel medesimo principio che spinge l'albero fuori dal suolo e il brufolo attraverso l'epidermide, applicato però alla sfera dell'esperienza umana e della produzione simbolica. Qui dobbiamo operare una distinzione fondamentale che smonta secoli di confusione terminologica: l'artista comune è un artigiano dell'espressione, un operaio specializzato che padroneggia tecniche consolidate, applica regole compositive apprese nelle accademie e produce opere seguendo canoni estetici codificati dalla tradizione. Il suo cervello funziona come un processore efficiente ma limitato, capace di manipolare materiali simbolici preesistenti senza mai raggiungere densità critiche di accumulo esperienziale. L'artista lavora per sottrazione, eliminando l'eccesso per raggiungere forme equilibrate e riconoscibili, operando sempre entro parametri di sicurezza neurologica che gli permettono di mantenere il controllo del processo creativo. Il genio, invece, è un fenomeno biologico completamente diverso: un sistema nervoso che ha raggiunto una capacità di accumulo esperienziale molto elevata, diventando ricettacolo di una quantità di stimoli, sensazioni, traumi e input ambientali così massiccia da generare pressioni espulsive di intensità straordinaria che superano ogni soglia normale di contenimento. Mentre l'artista sceglie consapevolmente cosa esprimere e come esprimerlo, il genio subisce l'espulsione del materiale accumulato senza possibilità di controllo razionale, producendo opere che spesso lo sorprendono e lo spaventano per la loro intensità inaspettata. La differenza non è di grado ma di natura: l'artista è un tecnico della bellezza, il genio è una vittima neurologica della propria capacità di assorbimento esperienziale. La creatività geniale non è dono divino né talento misterioso, ma risposta fisiologica inevitabile all'accumulo abnorme di esperienze vissute che si sedimentano nel sistema nervoso raggiungendo densità altissime nei circuiti neurali dell'individuo. Quando un genio si trova davanti alla tela bianca, alla pagina vuota o al silenzio musicale, non sta per dare vita a una visione interiore superiore, ma sta per scaricare una concentrazione esplosiva di immagini vissute, emozioni stratificate nel tempo, frammenti di realtà osservata e tensioni biografiche che si sono addensate nel suo apparato percettivo con un'intensità tale da richiedere canali di liberazione di potenza eccezionale. Il pennello che traccia le prime pennellate non obbedisce a un progetto artistico conscio, ma segue le linee di minor resistenza tracciate dai gradienti di tensione accumulatisi nella corteccia cerebrale. I colori che sceglie, le forme che emergono, la composizione finale non sono frutto di decisioni estetiche ponderate, ma risultato automatico della direzione e dell'intensità delle pressioni interne che cercano liberazione attraverso il gesto pittorico. Lo scrittore geniale che si siede alla scrivania per comporre un'opera non sta per costruire una creazione letteraria, ma sta per alleggerire il carico sovrumano di parole, immagini, situazioni narrative, dialoghi uditi, personaggi incontrati, conflitti vissuti e osservati che fermentano nella sua memoria e devono essere espulsi per evitare il collasso del sistema linguistico-cognitivo. La trama che si sviluppa con apparente spontaneità, i personaggi che sembrano prendere vita autonoma, i dialoghi che scaturiscono come per magia non nascono dall'immaginazione creatrice, ma dalla necessità disperata del cervello di organizzare in strutture narrative coerenti il materiale psichico sovrabbondante che altrimenti produrrebbe frammentazione mentale e perdita di controllo cognitivo. Anche la musica rivela la sua natura di puro fenomeno espulsivo quando consideriamo che il compositore geniale non crea melodie dettate da chissà quale entità sovrumana, ma trasforma in onde sonore le vibrazioni neurochimiche che si sono accumulate nel suo apparato uditivo-emotivo attraverso anni di ascolto, studio, sofferenza esistenziale e immersione nell'ambiente sonoro. Le note che sceglie, i ritmi che sviluppa, le armonie che costruisce corrispondono esattamente alle frequenze delle tensioni interne che devono essere scaricate attraverso l'organizzazione acustica. L'interprete geniale che esegue il brano non sta comunicando emozioni al pubblico secondo una volontà espressiva consapevole, ma sta utilizzando il pubblico stesso come superficie di scarico per liberare le pressioni sonore che l'opera musicale ha generato nel suo sistema nervoso durante lo studio, la memorizzazione e la preparazione tecnica. Il pubblico, a sua volta, non fruisce esteticamente della performance secondo categorie del bello o del sublime, ma funziona come assorbitore delle tensioni espressive del genio, permettendo la circolazione e la redistribuzione dell'energia psichica attraverso meccanismi di risonanza emotiva che mantengono in equilibrio l'intero sistema sociale coinvolto nell'evento artistico. Persino la fruizione dell'arte geniale da parte del pubblico comune segue questa logica implacabile: quando visitiamo una mostra di pittura, assistiamo a un concerto di Bach o leggiamo un romanzo complesso, non stiamo arricchendo la nostra cultura o elevando il nostro spirito secondo i cliché della formazione umanistica, ma stiamo utilizzando l'opera geniale come valvola di sfogo per le tensioni esistenziali, cognitive ed emotive che si sono accumulate nella nostra vita quotidiana e richiedono canali di liberazione. L'emozione estetica, il piacere artistico, persino la commozione davanti a un capolavoro non sono altro che sintomi del processo di scarico in atto: segnali fisiologici che indicano l'avvenuta liberazione di pressioni psichiche attraverso il contatto con strutture espressive che funzionano da conduttrici per l'energia mentale in eccesso. Il genio, in questa prospettiva, smette di essere un creatore per diventare un trasduttore: un dispositivo biologico specializzato nella conversione di accumuli esperienziali in forme simboliche che permettono la circolazione sociale delle tensioni individuali e collettive.

V R

 


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